Capoeira - Le Origini

In origine fu la TRATTA.

In origine fu la SOFFERENZA.

In origine fu l’INGANNO.

Poi ci fu il GRIDO e la RIVOLTA ed infine la LIBERTA’.

In tutto questo, dalle origini fino ad oggi, ci fu anche la CAPOEIRA.

La storia della capoeira coincide con la storia del Brasile. Si può dire che non appena gli schiavi africani misero piede nella Terra di Vera Cruz ebbe inizio il loro calvario, la loro “nuova vita” e la loro trasformazione da uomini d’Africa a uomini del Nuovo Mondo, afro-discendenti, afro-brasiliani, brasiliani.

Il numero elevato di schiavi arrivati dalle coste africane serviva come forza lavoro da impiegare nelle piantagioni di canna da zucchero del nordest del Brasile, una zona vasta e dalla terra fertilissima, dove i donatari portoghesi si erano insediati diventando senhores de engenho.

Al momento della scoperta del Brasile (Cabral, 1500 d.C.) le terre brasiliane erano abitate da numerose tribù di indios poco propensi al lavoro forzato. Erano ribelli, amanti della libertà e pronti a qualsiasi cosa pur di non piegarsi ad un padrone. Così il tentativo di farli lavorare fallì, perché essi fuggivano nella foresta e nessuno era più in grado di riportarli indietro.

Non che gli africani fossero meno amanti della libertà degli indios, ma loro non ebbero possibilità di ribellione, perché arrivarono in Brasile già schiavi e in catene, e l’unica cosa che conoscevano della nuova terra era l’engenho, il padrone e il lavoro imposto. Le punizioni ideate e inflitte ai ribelli e a chi tentava la fuga erano numerose, alcune diaboliche.

Gli africani provenivano da diverse regioni del continente nero. Dai possedimenti portoghesi innanzi tutto, dal grande bacino del Congo, comprendente anche l’attuale Angola, dal Mozambico, dalla Guinea e poi dalla Nigeria, Togo e Benin.

I commercianti portoghesi li compravano in quantità enorme sulle coste. Gli schiavi venivano venduti ai lusitani da altri africani (di tribù nemiche) il cui compito era quello di catturare schiavi nelle zone interne e venderli poi sulla costa. In cambio ricevevano tabacco, oggetti vari, polvere da sparo e alcool.

Dopo l’acquisto, i portoghesi riempivano all’inverosimile le navi del loro triste carico, stando bene attenti a mischiare fin da subito le etnie in modo da stroncare ogni possibilità di comunicazione tra schiavi e quindi, la ribellione.

Dopo settimane di navigazione, le navi attraccavano ai porti del nordest brasiliano: Recife (Pernambuco), Salvador (Bahia), São Luis (Maranhão) solo per citare i più importanti. Gli acquirenti aspettavano l’arrivo della nave e compravano all’asta la loro mano d’opera (merce umana) che veniva poi trasportata nell’engenho.

Marchiati a fuoco, gli schiavi diventavano di proprietà del loro padrone e cominciava per loro una nuova vita (e continuava il loro calvario).